venerdì 13 gennaio 2012

[P. Mastrocola, Togliamo il disturbo]

Untitled by Mnemomaz® [più che altro un deja vu]

La soddisfazione di sé: questo sentimento così intimo e appagante, che dal nulla e per un nonnulla ci fa sentire così bene, così a posto nel mondo... Questa sottile sensazione di far bene, di avere una funzione, di assolvere a un compito e di intravedere, attraverso le nebbie dell’esistenza, una parvenza di senso... Che sia far bene la polenta così che non attacchi, o una cena per gli amici con la tovaglia giusta e le candele, o il progetto di un ponte che non cada, un libro che resti al di là del tempo, un ricamo che abbellisca uno stupido cuscino, asfaltare bene un pezzo di strada in modo da togliere le buche e le auto non ci cadano più dentro, pulire i vetri senza lasciare aloni, studiare un capitolo di storia e poi saperlo... Non importa che cosa, importa la soddisfazione di sé. Ne capiamo forse meglio il senso dal suo contrario, quel che Seneca chiamava il displicēre sibi: dispiacere a se stessi, avere la sensazione amara di non aver fatto bene, non piacersi.

[... È per questo che vorrei che tutti ancora studiassero, soprattutto le cose difficili. Per la soddisfazione di sé che si prova. Per quella felicità mentale, interna, solo nostra, mentale perché attiene in modo specifico al funzionamento particolare della nostra mente: come se sentissimo gli ingranaggi cerebrali lavorare, ne avvertissimo lo sfrigolio meccanico, perfino l’odore un po’ ferrigno e oliato. Una specie di gusto fisico di quell’ingegno, o meglio marchingegno, che ci portiamo dentro.]